Io sono il mio assemblaggio

Dettaglio Opera

Visiosophia 01

Jacques Lacan ci ha insegnato che il soggetto emerge dal fallimento della rappresentazione simbolica nel catturare completamente l'essere. Siamo autentici non quando ci rappresentiamo correttamente, ma quando manteniamo viva la tensione tra ciò che siamo e ciò che rappresentiamo di essere. La donna del dittico è autentica non perché la sua performance sia vera, ma perché la sua performance rivela l'impossibilità di una rappresentazione totale. C'è sempre qualcosa che eccede, che sfugge, che resiste ed è precisamente in questo eccesso che risiede la dimensione più autenticamente umana.

Superata la nostalgia per un'identità naturale e immediata, si apre lo spazio per un'etica inedita: quella della costruzione consapevole. Non più "come essere autentici?" ma "come costruire in modo responsabile?" Non più "come ritrovare un sé originario?" ma "come abitare consapevolmente i simboli che ci costituiscono?". Le visiosophie, in questa prospettiva, sono esercizi filosofici che ci costringono a pensare la nostra condizione senza nostalgie, ad assumere la responsabilità delle nostre costruzioni simboliche, a inventare forme di identità che siano all'altezza della nostra natura costitutivamente composita.

La figura contemporanea e la scultura antica si guardano attraverso i secoli, e in questo sguardo reciproco si rivela una continuità: l'autenticità non è mai stata una proprietà stabile dell'essere, ma sempre un processo, una tensione, un movimento tra ciò che siamo e ciò che diventiamo attraverso i simboli che scegliamo di abitare. Essere autentici oggi significa riconoscere che ogni identità è un esperimento, ogni rappresentazione un tentativo di dire qualcosa di vero attraverso il costruito, la capacità di giocare seriamente con i simboli senza mai identificarsi completamente con essi.